Moraes Carnaval Moreira: il cronista -PRIMA PARTE-
Fred Góes
TESTO IN ITALIANO   (Texto em português)

"Moraes era una persona cara, un uomo di buona conversazione, sveglio, un artista dell'anima. Viveva per il suo lavoro, cioè per la sua creazione artistica. Moraes non andava in vacanza, il suo lavoro era il suo piacere, da questo proveniva tanta creazione. Mi sono goduto molti bei momenti con Moreira, abbiamo fatto molti progetti insieme. Olltre ad essere un artista completo, con un'opera splendida, era soprattutto un uomo di buona conversazione, buone risate davanti a belle battute, un uomo che amava la gente,senza fronzoli".
                  Sérgio Siqueira. Salvador Bahia, 4 marzo 2023




Nei compendi letterari si fa riferimento al fatto che Pero Vaz de Caminha, lo scrivano della  squadra comandata da Pedro Alvarez Cabral, potrebbe essere considerato il nostro primo cronista. Ovvero, fu il primo che, in una lettera al re Don Manuel, scrisse le sue impressioni sulla terra e sulla gente del Brasile. Da allora, tra noi la cronaca si sviluppò e si moltiplicò, tanto da poter affermare, senza ombra di dubbio, che sia la più brasiliana tra tutte le forme letterarie. È quella che svela le peculiarità del nostro modo di essere quotidiano, con dovizia di dettagli.
 
Forse per questo, quasi tutti i nostri scrittori, narratori e poeti, hanno scritto cronache[1], con casi anche estremi, come quello di Rubem Braga, celebrato nell'universo letterario per la sua produzione da  cronista. Nata nello spazio del “folhetim”, nella pagina di notizie del quotidiano, la cronaca ha saputo seguire lo sviluppo dei mezzi di comunicazione ed è stata divulgata da riviste, radio, televisione e persino sulle pagine elettroniche dei nuovi sistemi tecnologici. Ma tra noi non è presente solo nell'ambito strettamente letterario. Infatti, nella canzone popolare brasiliana, c'è un numero rappresentativo di compositori la cui attività poetica ha l'evidente impronta della cronaca.
 
Questo fatto non si limita al tradizionale repertorio consacrato di canzoni. Quello che fanno i ragazzi del rap e dell'hip-hop non è altro che una cronaca, e ora ci viene presentata l'esperienza, la vita quotidiana di comunità povere ed emarginate, che, fino a poco tempo fa, non veniva mostrata. Cercando tra le musiche del carnevale, specialmente nelle marchinhas e sambas, si trovano numeri significativi di cronache poetiche che ritraggono in modo esemplare la vita quotidiana del Brasile, in particolare di Rio de Janeiro. Possiamo addirittura dire che chi ha tirato le fila di questo tessuto è stato Donga, con Pelo Telefone,  nel 1917.
 
Proprio su questa scia si inserisce Moraes Moreira, che attraverso diversi frevos, ha fatto la grande cronaca dell' aureo carnevale elettrico di Bahia, diventando una specie di Pero Vaz de Caminha, non di Dom Manuel, ma di re Momo. Il compositore si distinse nel panorama della MPB come uno dei principali responsabili della riabilitazione della musica carnevalesca, a metà degli anni '70, quando lasciò il gruppo Novos Baianos e si unì al Trio Elétrico de Dodô e Osmar, che tornava ad esibirsi nelle strade di Salvador.
Il fenomeno Trio Elétrico divenne noto a livello nazionale attraverso la canzone Atrás do Trio Elétrico, di Caetano Veloso, nel 1969. Eppure, la forma o il genere del Trio Elétrico non si consolidò.
 
A Moraes Moreira si deve il fatto che il frevo di Bahia sia stato istituito come genere musicale specifico. Fu il primo a inserire testi in canzoni che fino ad allora venivano suonate solo strumentalmente, oltre a creare la figura del cantante sul camion (trio elétrico). Nel 1978, con il clamoroso successo di Pombo Correio, il frevo baiano divenne noto in tutto il paese musicalmente strutturato come genere.
 
Va ricordato che durante questa fase, la marchinha, genere eminentemente carioca, regina assoluta delle classifiche, conosce un vertiginoso declino, nonostante gli sforzi degli enti ufficiali e del settore privato per organizzare festival musicali carnevaleschi. I samba enredo delle grandi scuole di samba invadono le stazioni radio e sembrano essere diventati l'unica espressione musicale del periodo carnevalesco.
 
Studiando la produzione musicale di Moraes Moreira per il carnevale, non è difficile rendersi conto che i suoi frevos formano una vera antologia di cronache che cantano/raccontano la storia del carnevale baiano “tri-elettrificato”, dell’epoca dei trio elettrici indipendenti e del folião pipoca (liberi dai cordoni), pre-axé music.
 
Senza obbedire a una rigida cronologia, evidenziamo alcuni eventi notevoli nella storia del carnevale di Bahia che sono serviti da ispirazione a Moraes Moreira, che “legge” la festa in modo metacarnevale. Considerando come pietra miliare la canzone “Atrás do Trio Elétrico” di Caetano Veloso, partiamo da tre canzoni di Moraes che ci sembrano esemplari per comprendere il suo processo produttivo carnevalesco.
 
La prima di esse, Vassourinha Elétrica, ha come tema l'adattamento del frevo di Pernambuco all'ensemble di chitarre elettriche, o meglio, allo strumentale di un trio, che ha portato a quello che chiamiamo frevo di Bahia. Abbiamo fatto uno studio dettagliato sull'argomento in O País do Carnaval Elétrico[2]. Qui vale solo la pena ricordare che Dodô e Osmar, i creatori del Trio Elétrico, scesero per la prima volta nelle strade di Bahia suonando il frevo con i loro “paus-elétricos” (antenati dell'attuale chitarra baiana) su una vecchia Ford del 1929 (la fobia), nell'anno 1950, influenzati dalla visita a Salvador del Clube de Frevo Vassourinhas di Recife.
 
Moraes Moreira, nel “raccontare” il fatto storico dell'evoluzione del genere carnevalesco a Bahia, inizia il frevo citando, nella prima strofa, la frase melodica di apertura dell'inno del Clube Recife (Varre, varre, varre Vassourinha) Pulisci, pulisci, pulisci, Vassourinha. Osserva poi il fatto che il frevo di strada di Pernambuco è un genere eseguito da un'orchestra di ottoni, strumenti che, per le caratteristiche del ritmo e del fraseggio melodico in gruppi irregolari, sembrano infuocati. Ciò  rimanda all'etimologia di frevo (che proviene dalla parola fervor) la cui idea si conclude nell'ultima parola della prima strofa – “ardeva”. Dopo aver sviluppato, in tutto il testo, la storia del passaggio del frevo da Pernambuco a Bahia, Moraes conclude il testo con un sottile riferimento al Frevo Novo di Caetano Veloso. “Vassourinha Elétrica” ha come ritornello le strofe: (É frevo, é o Trio, é o povo/ É o povo, é o frevo, é o trio/ sempre juntos fazendo o mais novo/ Carnaval do Brasil È frevo, è il Trio, è il popolo / È il popolo, è il frevo, è il trio / sempre insieme a fare il più nuovo / Carnevale in Brasile).
 
Questo riferimento ci sembra mantenere la stessa ideologia del Frevo Novo di Caetano che parafrasa i versi di “O Povo ao Poder” di Castro Alves (A Praça! A praça é do povo/ Como o céu è do condor La Piazza! La piazza è del popolo / Come il cielo è del condor), con la seguente forma:  (A Praça Castro Alves é do povo/ Como o céu é do avião Praça Castro Alves appartiene al popolo / Come il cielo appartiene all'aereo). Il frevo prosegue con le strofe: (Um frevo novo/ Eu quero um frevo novo/ Todo mundo na Praça/ E’  muita gente sem graça no salão Un nuovo frevo/ Voglio un nuovo frevo/ Tutti in Piazza/ C’è tanta gente noiosa in sala).
 
Esse si riferiscono non solo alla nuova musica costituita dal frevo baiano, ma anche alla nuova forma del carnevale di strada, ovvero il Carnevale del Trio eletrico, che si contrappone alle sfilate delle Società Carnevalesche, durante le quali  il pubblico si limitava ad assistere alla sfilata seduto sulle sedie e sui banchi posti sui marciapiedi, davanti alle case. Si contrappone, inoltre, ai balli nelle sale da ballo dei circoli borghesi, che cominciarono a declinare in questo periodo, per poi scomparire del tutto in breve tempo. Il carnevale che allora si cantava era un carnevale che aveva come apoteosi la festa nella piazza: Piazza Castro Alves.
 
Nella serie carnevalesca di Moraes Moreira si possono notare anche canzoni che, oltre a registrare l'evento carnevalesco come evento storico, stabiliscono una curiosa catena intertestuale, dove i vecchi successi vengono aggiornati. È il caso, ad esempio, di Musicarnavalesca: (Eu me lembro bem /Foi Caetano, cai, cai, cai/ Quando naquele ano escreveu/ Atrás do Trio Elétrico/ Só não vai quem já morreu/ Na cuca da rapaziada de cabeça feita bateu/ Bateu de novo o barato/ da musicarnavalesca/ E as ondas de rádio do Rio/ Passando a bola pro Trio/ Incendiaram o Brasil/ E a filha da Chiquita Bacana/ Disse mamãe eu não quero/ Caetano não espera/ Já está falando de novo/). Me lo ricordo bene / Era Caetano, cai, cai, cai / Quando quell'anno scrisse / Dietro il Trio Elétrico / Solo chi è morto non va / Nella mente dei giovani già pronti / Di nuovo ritornò il piacere / della musicarnavalesca / E le onde radio di Rio / Passando il posto al Trio / Incendiarono il Brasile / E la figlia di Chiquita Bacana / Disse mamma io non voglio / Caetano non aspetta / Già sta parlando di nuovo). In questa canzone, Moraes rivela come la canzone “Atrás do Trio Elétrico”, di Caetano, abbia funzionato come pietra miliare di paragone per i compositori della sua generazione, per quanto riguarda la musica carnevalesca. Questo fatto è chiaramente espresso nella prima strofa, dove sono letteralmente trascritti i versi di Caetano Veloso .
 
Nella seconda strofa, fa riferimento al successo di “Pombo Correio” che raggiunse le stazioni radio di Rio, in una registrazione con il Trio de Dodô e Osmar, con straordinario successo, facendo affermare il frevo di Bahia a livello nazionale. E, ancora una volta, Caetano è citato attraverso “Filha da Chiquita Bacana”, e, per estensione, João de Barros e Alberto Ribeiro.

La catena intertestuale, a cui abbiamo fatto riferimento in precedenza, si verifica qui nella gerarchia di Chiquitas Bacanas. La prima, di Braguinha (João de Barro) e Alberto Ribeiro, registrata da Emilinha Borba nel 1942, è “existencialista/ com toda razão/ só faz o que manda o seu coração” “esistenzialista / a ragione / fai solo quello che ti dice il cuore”, cioè è una canzone liberata degli anni Quaranta.  
 
Forse gli autori si sono ispirati alla celebre ballerina afro Josephine Baker, divenuta famosa nella prima metà del XX secolo, quando si esibiva sui palcoscenici parigini con “banane nane” che ricoprivano il suo corpo scultoreo. La “Filha da Chiquita Bacana” di Caetano, invece, è il prototipo della femminista consapevole della fine degli anni Sessanta, come ben definito dai versi: “Nunca entro em cana/ porque sou família demais/ Puxei à mamãe/ Não caio em armadilha/ E distribuo bananas com os animais(...) Eu transo todas sem perder o tom/ Entrei pro Women’s liberation Front”. “Non vado mai in galera / perché sono troppo di famiglia perbene/ ho preso da mia madre / non cado in trappola / e do banane agli animali (...) Io le prendo tutte senza perdere tono / mi sono unita al Fronte di Liberazione delle Donne”.
 
Quando Moraes salva la figlia di Chiquita Bacana, assume i colori della giovane ribelle, quasi sempre piccolo-borghese, caratteristica degli anni '70, che si scatenava ad Arembepe e che in quel momento, come progetto di vita, aveva quello di godersi l'estate, il carnevale, “nella piazza del popolo”, fuggendo all'impazzata dalla repressione di quegli anni di piombo.
 
Per concludere questa prima serie di brani, abbiamo scelto un frevo in cui Moraes evidenzia il suo processo creativo e che si intitola “Parafraseando o Frevo”. I versi dicono: “Onde o pensamento jaz/ Nesse fogo de monturo/ Sopram ventos do futuro/ Fortes vendavais/ Para não parar no tempo/ para não parar no ponto/ Parafraseando invento/ Parafraseando encontro/ Revirando na memória/ A história desses anos/ Frases de amor/ Frases musicais/ De metais pernambucanos/ Parafrasear, parafrasear/ Para frasear escrevo/ Para não parar/ Para não parar o frevo/ Para o frevo não parar”. “Dove giace il pensiero / In questo fuoco di moltitudine / Soffiano i venti del futuro / Ventate forti / Per non fermarsi nel tempo / Per non fermarsi al punto / Parafrasando invento / Parafrasando incontro / Ripensando alla memoria / La storia di questi anni / Frasi d'amore / Frasi musicali / Di ottoni pernambucani / Parafrasare, parafrasare / Per fraseggiare scrivo / Per non fermare / Per non fermare il frevo / Perché il frevo non si fermi”.
Sebbene ci siano una moltitudine di aspetti degni di riflessione nei testi in questione, ci atterremo ad alcuni di essi. Già il titolo indica che si tratta di un meta-frevo. L'ispirazione del poeta nasce dal fuoco residuo, dai resti del pensiero, dalle ceneri, come si vede nei primi due versi.

Vale la pena notare quanto sia frequente la presenza della metafora del fuoco nei versi dei frevos. È da questi residui, da questo resti di brace accennata nei versi, che il compositore cerca di ricostruire, ricomporre il frevo, proiettandolo nel futuro, per non lasciarlo ristagnare. In modo assolutamente intuitivo e poetico, Moraes definisce la parafrasi “...un modo di trasmettere valori o mantenere la validità ideologica di un linguaggio” [3] , oltre a fare un gioco di parole istigante con il concetto: “Per fraseggiare scrivo / Perché il frevo non si fermi". Questi ultimi due versi risultano assolutamente coerenti se si osserva la melodia, che, appositamente composta come un collage di cliché caratteristici del genere (brevi frasi con marcata accentuazione), non avrebbe il testo se fosse un frevo pernambucano.

La costruzione melodica obbedisce alla struttura di una delle forme più originali di frevo di strada a Pernambuco, noto come “frevo ventania”, il cui segno distintivo è una linea melodica molto movimentata che richiede grande abilità da parte degli esecutori. A questo proposito, vale anche la pena notare che, nei testi, il compositore fa riferimento a "venti futuri" e "forti tempeste di vento". Nonostante la parafrasi sia una risorsa insolita nell'universo della carnevalizzazione, la parodia è frequente, pensiamo che qui sia giustificata, in quanto l'ideologia del contesto è il carnevale stesso.
 


[1] Cronica genere testuale letterario tipicamente brasiliano. Deriva dal termine greco “Krónos” e latino “Chronos” che significa tempo. In portoghese, la cronaca ha il significato di brevi commenti, pubblicati su giornali, riviste o media elettronici. ssenzialmente si occupa di fatti reali e/o immaginari della vita quotidiana, influenzati da correnti impressioniste e poetiche. N.d.T.
 
[2] GÓES,Fred. O país do Carnaval Elétrico. Salvador, Corrupio, 1982.
 
[3] SANT’ANNA, Affonso Romano de. Paródia, Paráfrase & Cia. São Paulo: Ática, 1985. p. 22
 

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Fred Góes: Compositore, Prof. Dr. di Teoria da Literatura da Facoltà di Lettere della UFRJ-Universidade Federal do Rio de Janeiro. Ricercatore del CNPq (Consiglio Nazionale di Ricerca del Brasile)

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La Seconda Parte sarà pubblicata in Sarapegbe, A.XII, n. 25

La Redazione ringrazia Davi Moreira, figlio di Moraes Moreira, per le fotografie, in esclusiva italiana.




Traduzione in italiano di Antonella Rita Roscilli
 
 
 

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TEXTO EM PORTUGUÊS   (Testo in italiano)

Moraes Carnaval Moreira : o cronista.  PRIMEIRA PARTE
por
Fred Góes 

"Moraes era um querido, homem de boa conversa, antenado, artista de alma. Vivia para seu trabalho, quer dizer, sua criação. Moraes não tirava férias, seu trabalho era diversão, daí tanta criação. Curti muitos momentos bons com Moreira, fizemos muitos projetos juntos, mas, muito mais que um artista completo, com uma obra esplendorosa, era um cara de uma boa conversa, boas risadas ante um boa piada, um cara da galera, sem frescuras".
                                                                                                       Sérgio Siqueira. Salvador Bahia, 4 de março de 2023
                                                       

                                                     
                                                          Divulgação
Em compêndios de literatura encontra-se a referência de que Pero Vaz de Caminha, o escrivão da esquadra comandada por Pedro Alvarez Cabral, seria considerado o nosso primeiro cronista. Isto é, o primeiro a grafar, em carta a El Rei Dom Manuel, suas impressões sobre a terra e a gente do Brasil. A partir daí a crônica se desenvolveu e se multiplicou de tal maneira entre nós que se pode dizer, sem hesitação que, das formas literárias, é a mais brasileira. Ela é a que revela pormenorizadamente, com riqueza de detalhes, as peculiaridades de nosso modo de ser cotidiano.

Talvez por essa razão, quase que a totalidade dos nossos escritores, ficcionistas ou poetas, tenham exercitado a escrita da crônica, havendo mesmo casos extremos, como o de Rubem Braga, celebrado no universo literário por sua produção como cronista. Nascida no espaço do folhetim, na folha de notícias diárias, ela soube acompanhar o desenvolvimento dos meios de comunicação, sendo veiculada em revistas, pelo rádio, pela televisão e até mesmo pelas páginas eletrônicas dos novos sistemas tecnológicos . Mas não só no âmbito estritamente literário ela se faz presente entre nós. Na canção popular brasileira, há um número representativo de compositores cuja atividade poética tem a marca evidente da crônica.

Tal fato não se restringe ao cancioneiro tradicional, consagrado. O que a rapaziada do rap e do hip-hop faz nada mais é que crônica, sendo que agora, nos é apresentada a vivência, o cotidiano das comunidades carentes, marginalizadas, que, até pouco tempo, não era mostrado. Na música de carnaval, em especial nas marchinhas e sambas, garimpa-se um número significativo de crônicas poéticas que retratam exemplarmente o dia-a-dia do Brasil, em especial, do Rio de Janeiro. Podemos mesmo dizer que quem puxou o fio dessa meada foi Donga, com Pelo Telefone, em 1917.  É precisamente nessa trilha que Moraes Moreira se insere, fazendo, através de diferentes frevos, a grande crônica do áureo carnaval elétrico da Bahia, tornando-se uma espécie de Pero Vaz de Caminha, não de Dom. Manuel, mas do Rei Momo.
            O compositor se destaca no cenário da MPB como um dos principais responsáveis pela reabilitação da música de carnaval, em meados dos anos de 1970, quando deixa o grupo Novos Baianos e se associa ao Trio Elétrico de Dodô e Osmar que, na ocasião voltava a se apresentar nas ruas de Salvador.

É certo que o fenômeno Trio Elétrico tornou-se conhecido nacionalmente através da música Atrás do Trio Elétrico, de Caetano Veloso, no ano de 1969. No entanto, a forma ou o gênero Trio Elétrico não chega a se fixar.
           
É a Moraes Moreira que se deve a fixação do frevo baiano como gênero musical específico. Foi ele o primeiro a colocar letras nas músicas até então executadas unicamente de forma instrumental, além de criar a figura do cantor sobre o caminhão. Em 1978, com o retumbante sucesso de Pombo Correio, o frevo baiano passa a ser conhecido por todo o país musicalmente estruturado como gênero.           

Cabe lembrar que nessa fase a marchinha, gênero eminentemente carioca, senhora absoluta das paradas de sucesso, vive decadência vertiginosa, apesar dos esforços de órgãos oficiais e da iniciativa privada em organizarem festivais de música carnavalesca. Os sambas enredo das grandes escolas de samba invadem as rádios, parecendo ter se tornado a única expressão musical do período carnavalesco.

Ao levantar a produção musical de Moraes Moreira para o carnaval, não é difícil perceber que seus frevos formam uma verdadeira antologia de crônicas que cantam/contam
a  história do carnaval baiano “trieletrizado”, do tempo dos trios elétricos independentes e do folião pipoca (livre das cordas), pré axé-music. Sem obedecer a uma cronologia rígida, destacamos alguns fatos marcantes da história do carnaval da Bahia que serviram de inspiração a Moraes Moreira que “lê” a festa metacarnavalizadoramente.
 
Já que nos referimos à canção de Caetano Veloso Atrás do Trio Elétrico como marco, partamos de três canções de Moraes que nos parecem exemplares para compreensão do seu processo de produção carnavalesca.
            A primeira delas, Vassourinha Elétrica, tem como tema a adaptação do frevo pernambucano para o conjunto de guitarras elétricas, ou melhor, para o instrumental de trio, o que resultou no que aqui estamos chamando de frevo baiano. Sobre o assunto fizemos um estudo pormenorizado em O País do Carnaval Elétrico[1]. Cabe aqui somente lembrar que Dodô e Osmar, os criadores do Trio Elétrico, saíram pela primeira vez às ruas de da Bahia, tocando frevo em seus paus-elétricos (ancestrais da atual guitarra baiana) sobre um Ford bigode 1929 (a fobica), no ano de 1950, por influência da passagem por Salvador do Clube de Frevo  Vassourinhas, do Recife.

Moraes Moreira ao “narrar” o fato histórico da evolução do gênero carnavalesco na Bahia, inicia o frevo citando, no primeiro verso, a frase melódica inicial do hino do Clube recifense (Varre, varre, varre Vassourinha). Observa , em seguida, o fato de ser o frevo de rua pernambucano um gênero executado por orquestra de metais. Metais estes que, pelas características do ritmo e do fraseado melódico em quiálteras, parecem estar em brasa, o que remete à etimologia de frevo (corruptela de ferver) cuja idéia se conclui na última palavra da primeira estrofe – ardia.

Após desenvolver, ao longo da letra, a história da passagem do frevo de Pernambuco para a Bahia, Moraes encerra a letra com uma sutil referência ao  Frevo Novo de Caetano Veloso. Vassourinha Elétrica tem como refrão os versos: (É frevo, é o Trio, é o povo/ É o povo, é o frevo, é o trio/ sempre juntos fazendo o mais novo/ Carnaval do Brasil). Esta referência parece-nos guardar a mesma ideologia de Frevo Novo de Caetano que parafraseia os versos de O Povo ao Poder de Castro Alves _ (A Praça! A praça é do povo/ Como o céu e do condor) _  da seguinte maneira _ ( A Praça Castro Alves é do povo/ Como o céu é do avião). Segue o frevo com os versos: (Um frevo novo/ Eu quero um frevo novo/ Todo mundo na Praça/ E muita gente sem graça no salão).

Esses versos referem-se ao novo carnaval de que fala Moraes, não só no que diz respeito à música nova (frevo baiano), mas também com relação à forma nova de carnaval de rua (carnaval de Trio) que se opõe tanto ao do desfile das Sociedades Carnavalescas, em que o público se restringia a assistir o desfile em suas cadeiras e bancos postos nas calçadas, diante das casas, quanto aos bailes nos salões dos clubes burgueses que entram em franca decadência nesse período, para em pouco tempo desaparecerem. O carnaval que se canta então é um carnaval que tinha a praça como a apoteose da festa , da Praça Castro  Alves.

Pode-se perceber ainda, na série carnavalesca de Moraes Moreira, canções que além de registrarem o fato carnavalesco como um flagrante histórico, estabelecem uma curiosa cadeia intertextual, onde antigos sucessos são atualizados. É o caso, por exemplo, de Musicarnavalesca: (Eu me lembro bem /Foi Caetano, cai, cai, cai/ Quando naquele ano escreveu/ Atrás do Trio Elétrico/ Só não vai quem já morreu/ Na cuca da rapaziada de cabeça feita bateu/ Bateu de novo o barato/ da musicarnavalesca/ E as ondas de rádio do Rio/ Passando a bola pro Trio/ Incendiaram o Brasil/ E a filha da Chiquita Bacana/ Disse mamãe eu não quero/ Caetano não espera/ Já está falando de novo/). Nesta canção, Moraes revela como a música Atrás do Trio Elétrico, de Caetano, funcionou como um toque para os compositores de sua geração, no que diz respeito à música de carnaval. Este fato está claramente expresso na primeira estrofe, onde são, literalmente, transcritos os versos de Caetano Veloso.

Na segunda estrofe, refere-se ao sucesso  de “Pombo Correio” que chega às rádios do Rio, em gravação  junto ao Trio de Dodô e Osmar, com extraordinário sucesso, fixando o frevo baiano nacionalmente.E, mais uma vez, Caetano é citado através de “Filha da Chiquita Bacana”, e, por tabela, João de Barros e Aberto Ribeiro.

A cadeia intertextual, a que nos referimos anteriormente, ocorre aqui na hierarquia das Chiquitas Bacanas. A primeira, de Braguinha (João de Barro) e Alberto Ribeiro, gravada por Emilinha Borba em 1942, é “existencialista/ com toda razão/ só faz o que manda o seu coração” , ou seja, é uma  liberada dos anos de 1940. Possivelmente, os autores se inspiraram na famosa bailarina negra, Josephine Baker, que fez fama na primeira metade do século XX, ao se apresentar nos palcos parisienses com sumárias “bananas nanicas”, cobrindo-lhe o corpo escultural. Já a “Filha da Chiquita Bacana”, de Caetano, é o protótipo da feminista consciente do final dos anos de 1960, como bem definem os versos: “Nunca entro em cana/ porque sou família demais/ Puxei à mamãe/ Não caio em armadilha/ E distribuo bananas com os animais(...) Eu transo todas sem perder o tom/ Entrei pro Women’s liberation Front”.

Quando Moraes resgata a Filha da Chiquita Bacana, ela ganha as cores da jovem rebelde, quase sempre pequeno-burguesa, característica dos anos de 1970, que foi desbundar em Arembepe e que tinha, como projeto de vida, naquele momento, curtir o verão, o carnaval, “na praça do povo”, fugindo doidona do bode, da repressão daqueles anos de chumbo.

Para encerrar esta primeira série de canções, escolhemos um frevo em que Moraes evidencia seu processo criativo e que tem como título “Parafraseando o Frevo”. Dizem os versos: “Onde o pensamento jaz/ Nesse fogo de monturo/ Sopram ventos do futuro/ Fortes vendavais/ Para não parar no tempo/ para não parar no ponto/ Parafraseando invento/ Parafraseando encontro/ Revirando na memória/ A história desses anos/ Frases de amor/ Frases musicais/ De metais pernambucanos/ Parafrasear, parafrasear/ Para frasear escrevo/ Para não parar/ Para não parar o frevo/ Para o frevo não parar.

Ainda que haja uma infinidade de aspectos dignos de reflexão na letra em referência, vamos nos ater a alguns deles. Já o título indica tratar-se de um meta-frevo. A inspiração do poeta surge do fogo residual, dos restos de pensamento , das cinzas, como é possível  perceber  nos dois primeiros versos.
Vale notar como é freqüente a presença da metáfora do fogo nos versos dos frevos. É a partir desses resíduos, desses restos de brasas citados nos versos, que o compositor tenta reerguer, recompor o frevo,  projetando-o para o futuro, para não deixá-lo estagnar. De forma absolutamente intuitiva e poética, Moraes define a paráfrase _ “...modo de transmitir valores ou manter a vigência ideológica de uma linguagem”[i], além de fazer um jogo instigante de palavras com o conceito: “Para frasear escrevo/ Para o frevo não parar”.

Estes dois últimos versos são absolutamente coerentes quando se observa a melodia que, propositadamente composta como uma colagem de clichês característicos do gênero (frases curtas e de acentuação marcante), não teria, se frevo pernambucano fosse, letra. A construção melódica obedece à estrutura de uma das formas mais originais espécies de frevo de rua  em Pernambuco, conhecida como frevo ventania, cuja marca é ter uma linha melódica muito movimentada que exige grande habilidade dos executantes. A esse propósito cabe ainda perceber que, na letra, o compositor se refere a “ventos futuros” e “fortes vendavais”.  Apesar de a paráfrase ser um recurso pouco usual no universo da carnavalização,freqüente é a paródia,  julgamos que aqui ela se justifica na medida em que a ideologia do contexto é o próprio carnaval. 


[1] GÓES,Fred. O país do Carnaval Elétrico. Salvador, Corrupio, 1982.


[i] SANT’ANNA, Affonso Romano de. Paródia, Paráfrase & Cia. São Paulo: Ática, 1985. p.22


La Redazione ringrazia Davi Moreira, figlio di Moraes Moreira, per le fotografie, in esclusiva italiana.
La Seconda Parte sarà pubblicata in Sarapegbe, A.XII, n. 25
Fred Góes. Compositor, Prof. Dr. de Teoria da Literatura da Faculdade de Letras da UFRJ, pesquisador do CNPq (Conselho Nacional de Pesquisa).